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mercoledì 10 luglio 2024

The tragedy of digital education or Plato's revenge

di Enrico Nardelli
(versione italiana qua)

No, this is not the situation criticized by those (far too many, unfortunately) who argue that Italian teachers are lagging behind because they “fail to recognize the potential of digital technologies”.

Instead, it is the vindication of those who emphasize the centrality of the human element in educational processes. These advocates have consistently argued that, in education, having a tablet for every student or super-fast networks throughout the school building is not truly essential. What is essential is having well-trained and well-paid teachers whose social role is recognized and defended. In a recent speech, I highlighted how the relational aspects of the teacher-student relationship are fundamental to the success of the educational process. This idea was elaborated in Plato’s Dialogues, where he observes that the affective component of the educational relationship between didàskalos (teacher) and mathetés (student), is a fundamental aspect of paideia, the ethical and spiritual growth of the disciple. Technology, when used appropriately, can enhance this relationship. However, it must never replace it, as doing so risks impoverishing and ultimately destroying our humanity.

Finally we have authoritative confirmation that the skeptics of digital technology in schools are more justified than the enthusiasts. This is evidenced by the recent UNESCO report “An Ed-Tech Tragedy?”. Curiously, this report seems to have received little attention in the major Italian opinion newspapers, which had previously hailed the pandemic as a positive catalyst for forcing Italian teachers to “go digital”. To me, this is akin to praising the Titanic disaster because it taught people the importance of knowing how to swim - but let's aside this digression).

In summary, the report highlights that, at the onset of the pandemic, there was great optimism about leveraging the situation to expand the use of digital technology in education. The motivations were, as always, noble and commendable: to make the educational process more efficient and accessible to all.

Instead, as digital solutions became the primary means of delivering compulsory education, the transition from in-presence education, centred on the school as a physical space, to technology-supported distance learning revealed numerous harmful and unintended consequences.

The executive summary of the report acknowledges that some argue technology helped address an emergency situation and maintained continuity of learning for many students, though not all benefited equally. However, the report presents a more troubling picture of the overall situation: the educational system unprecedented dependence on technology has led to exclusion, staggering inequality, unintended harms, and learning models that prioritize machines and profit over people.

The mere list of chapter titles in the section of the report analysing these failures (“Act II: From Promises to Reality”) is enough to convey the scale of the disaster:

  • most learners have fallen behind;
  • inequalities have deepened;
  • learners engaged less, achieved less, and dropped out of compulsory education;
  • education has been undermined and impoverished;
  • immersion in technology has harmed students’ health;
  • environmental costs have risen;
  • the private sector has tightened its grip over public education;
  • unprecedented surveillance has infiltrated the education sector.

These, I repeat, are the chapter headings from the UNESCO report mentioned above, not my opinions. I find them to be highly relevant assessments.

The document then goes on to discuss alternatives approaches that should have been considered, from keeping schools open to using non-technological solutions.

The final part of the report offers recommendations for the future use of digital technology in education, with the hope that it will better respect the human component. Among these recommendations, two stand out: the assertion that in-person learning has priority over other modalities and the emphasis on protecting education from the diminishing opportunities for free, accessible and available use – opportunities that have been reduced as a result of digital technology.

Precisely, “Plato's revenge.”

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The italian version has been published by "StartMAG" on 6 july 2024.

martedì 9 luglio 2024

La tragedia dell’istruzione digitale ovvero la rivincita di Platone

di Enrico Nardelli
(english version here)

No, non si tratta della situazione di cui si lamentano quelli (troppi, purtroppo) che sostengono che gli insegnanti italiani siano indietro perché «ignorano le potenzialità delle tecnologie digitali».

È invece la rivincita di quelli che, sottolineando la centralità dell’elemento umano nei processi educativi, hanno sempre ribadito che nell’istruzione non è un elemento davvero essenziale avere, ad esempio, un tablet per ogni studente o reti superveloci nell’intero edificio scolastico, mentre lo è avere insegnanti ben preparati e ben pagati, con un ruolo sociale riconosciuto e difeso. In un mio recente intervento ho ricordato come gli aspetti relazionali del rapporto tra docente e studente siano fondamentali per il successo del processo educativo. Si tratta di una riflessione elaborata da Platone nei suoi Dialoghi, dove si ritrova l’osservazione che la componente affettiva della relazione educativa tra didàskalos e mathetés, maestro e allievo, è un aspetto fondamentale della paideia, la crescita etica e spirituale del discepolo. La tecnologia, se opportunamente utilizzata, può essere eventualmente usata per potenziarla, ma non deve mai sostituirla, pena l’impoverimento e la distruzione della nostra umanità.

A questo punto abbiamo una certificazione autorevole che chi ha ragione tra queste due posizioni sono gli scettici dell’uso della tecnologia digitale nelle scuole e non gli entusiasti. Si tratta del recente rapporto UNESCO An Ed-Tech Tragedy? (= Una tragedia per l’istruzione digitale?), di cui, chissa perché, non mi pare si sia parlato molto sui grandi giornali d’opinione che avevano invece sottolineato come effetto positivo il fatto che la pandemia avesse costretto gli insegnanti italiani a “diventare digitali” (che mi sembra un po’ come tessere le lodi del Titanic perché è importante saper nuotare – ma lasciamo stare queste divagazioni).

Per farla breve, il rapporto sottolinea come all’inizio della pandemia la grande speranza fosse effettivamente quella di sfruttare questa situazione per diffondere nel mondo della scuola la tecnologia digitale. Come sempre accade, le motivazioni erano nobili e condivisibili: rendere il processo educativo più efficiente e metterlo a disposizione di tutti.

Invece, man mano che le soluzioni digitali venivano dispiegate come mezzo primario per erogare l’istruzione obbligatoria, ci si è accorti delle conseguenze dannose e non volute risultanti dalla transizione da un’educazione in presenza basata sulla scuola come luogo fisico ad un insegnamento a distanza supportato dalla tecnologia.

Il sommario del rapporto riporta che alcuni sostengono la tecnologia ha salvato una situazione di emergenza e preservato la continuità dell'apprendimento per un numero significativo di studenti, anche se non tutti gli studenti ne hanno tratto beneficio. Ma l'evidenza globale – prosegue il documento – rivela un quadro più cupo. Una dipendenza senza precedenti del sistema educativo dalla tecnologia si è tradotta in esclusione, disuguaglianza sconcertante, danni involontari e modelli di apprendimento che antepongono le macchine e il profitto alle persone.

Il semplice elenco dei capitoli della sezione del rapporto che analizza tali guasti (Act II: From Promises to Reality = Atto 2°: dalle promesse alla realtà) è sufficiente a far capire la portata del disastro compiuto:

  • la maggior parte degli allievi è rimasta indietro;
  • le disuguaglianze sono aumentate;
  • gli allievi si sono impegnati di meno, hanno raggiunto risultati inferiori, e hanno abbandonato l’istruzione obbligatoria;
  • l’istruzione è stata affossata e impoverita;
  • l’immersione nella tecnologia è stata dannosa per la salute;
  • i costi ambientali sono aumentati;
  • il settore privato ha rafforzato il controllo sull’istruzione pubblica;
  • una sorveglianza senza precedenti si è diffusa nel settore dell’istruzione.

Questi sono, lo ripeto, i titoli dei capitoli del rapporto dell’UNESCO sopra citato, non mie opinioni. Mi sembrano valutazioni assai rilevanti.

Il documento prosegue discutendo quali alternative avrebbero dovuto essere considerate, dal tenere le scuole aperte all’uso di soluzioni non tecnologiche.

La parte finale del rapporto fornisce alcune raccomandazioni per l’uso futuro della tecnologia digitale nel mondo dell’istruzione, che si auspica più rispettoso della componente umana, tra cui vale la pena sottolineare l’indicazione che sostiene che l’apprendimento in presenza ha la priorità su altre modalità e quella che sottolinea la necessità di difendere l’istruzione dalla diminuzione delle opportunità di usufruirne in modo libero, accessibile e disponibile, diminuzione che è conseguenza della tecnologia digitale.

Appunto, “la rivincita di Platone”.

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Versione originale pubblicata su "StartMAG" il 6 luglio 2024.