di Enrico Nardelli
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) è l’istituzione internazionale che gestisce i test PISA (Program for International Student Assessment – Programma per la Valutazione Internazionale degli Studenti) che ambiscono a fornire una misura del livello di apprendimento degli studenti (a 15 anni di età) confrontabile nei diversi paesi del mondo. Non affronto qui la questione tuttora aperta dell’affidabilità metodologica e concettuale di tali test o della loro valenza politica. Indico al lettore interessato a tali questioni un punto di partenza da cui continuare per formarsi un’opinione.
Discuto invece la revisione apportata al test di matematica che, insieme a quello di lingua madre e di scienze, costituisce la batteria somministrata ogni tre anni nelle scuole di circa 80 paesi in tutto il mondo. Ognuno dei test viene rivisto a fondo, una volta ogni nove anni, per adeguarlo ad eventuali evoluzioni disciplinari o di scenario della formazione. Per i test PISA del 2021 la revisione ha riguardato la prova di matematica nell’ambito della quale verranno per la prima volta inserite domande relative al cosiddetto “pensiero computazionale”. La notizia è apparsa in un post appena pubblicato sul blog dell’OECD dal significativo titolo “Informatica e PISA 2021”.
Si tratta di un termine che ho discusso diverse volte (ad esempio, qui, qui e qui) e che, in estrema sintesi, si riferisce al modo di pensare, di considerare i fenomeni e di affrontare problemi, che ha sviluppato chi ha studiato informatica. Il fatto che sia stato inserito all’interno del test PISA di matematica è la conferma – come da tempo sostengo, insieme a colleghi di tutto il mondo – dell’importanza di insegnare informatica nella scuola fin dai primi anni.
Ho formulato una definizione più articolata del pensiero computazionale in questo articolo come «l’insieme dei processi mentali usati per modellare una situazione e specificare i modi mediante i quali un agente elaboratore di informazioni può operare in modo effettivo all’interno della situazione stessa per raggiungere uno o più obiettivi forniti dall’esterno» (si veda la figura tratta dall’articolo per una sua rappresentazione grafica).
L’elemento in assoluto più rilevante in tale definizione è la presenza dell’agente autonomo che elabora le informazioni. Esso infatti è un esecutore che – anche nel caso in cui venga sostanziato da un essere umano – opera in modo completamente meccanico ed automatico.
In altre parole, tale esecutore opera secondo direttive esterne in modo totalmente fedele alle istruzioni fornitegli. È proprio la presenza di questo esecutore meccanico (cioè, di un meccanismo) che rende l’informatica una disciplina scientifica nuova e separata dalla matematica. In sua assenza abbiamo una formalizzazione di scenari di tipo puramente matematico, in cui l’esecuzione è compito del matematico stesso. Non è una differenza da poco, dal momento che le persone sono dotate di un’intelligenza che le rende adattabili, flessibili ed in grado di imparare dall’esperienza, mentre i meccanismi – anche se dotati della cosiddetta intelligenza artificiale – non hanno queste caratteristiche in modo generale.
Il fatto che l’OCSE, nel rivedere il test di Matematica, abbia indicato l’importanza per questa materia di aver assimilato elementi del modo di pensare degli informatici è un segno importante del fatto che sta maturando un po’ a tutti i livelli la consapevolezza del ruolo dell’informatica nel panorama delle discipline scientifiche.
In aggiunta l’OCSE ha annunciato che, mediante un ulteriore test opzionale, cioè quello relativo alle competenze ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione), verificherà la capacità degli studenti di scrivere correttamente programmi informatici che realizzano algoritmi per la risoluzione di problemi. Anche questa è una notizia positiva che punta nella stessa direzione di far sì che nella scuola si inserisca la formazione sui fondamenti scientifici dell’informatica.
Sarebbe stato più opportuno aggiungere queste verifiche sull’informatica all’interno del test di Scienze, dal momento che – come abbiamo argomentato a livello europeo con il rapporto “Informatics for All: the strategy” – l’informatica è la disciplina scientifica che spiega la realtà digitale, un mondo che è ormai altrettanto presente e reale della realtà fisica o di quella dei sistemi viventi. D’altro canto variazioni di questo tipo hanno un impatto molto vasto e profondo ed è quindi anche comprensibile che vengano adottate gradualmente. Staremo a vedere quello che succederà nei prossimi anni.
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Versione originale pubblicata su "Il Fatto Quotidiano" il 17 ottobre 2019.