di Enrico Nardelli
Da parecchi anni in Europa si sente parlare dell’importanza di sviluppare competenze digitali nella forza-lavoro, in modo che i vari settori produttivi e dei servizi diventino più efficaci ed efficienti. Le tecnologie digitali sono infatti uno dei fattori che più ha contribuito all’aumento di produttività degli ultimi decenni.
Sono però anche il fattore il cui ruolo nella produzione e nei servizi è più frequentemente ed estesamente frainteso. L'automazione realizzata dalle tecnologie dell'informazione comporta infatti un salto culturale e concettuale che richiede un appropriato accompagnamento e un’adeguata preparazione delle persone coinvolte.
Svilupperò pertanto in questo articolo due considerazioni legate al ruolo dell’informatica sia nei processi produttivi che nel settore educativo.
L’automazione resa possibile dall'informatica è qualcosa di molto diverso dalla tradizionale automazione industriale. Quest’ultima ha dapprima sostituito l’azione fisica delle persone con la forza delle macchine, sotto la guida delle facoltà cognitive delle persone. Poi ha meccanizzato con successo compiti burocratici di bassa complessità cognitiva: trasferire denaro da un conto ad un altro, acquistare un bene ed effettuarne il pagamento, controllare il livello delle scorte e ordinarne il rimpiazzo.
Quando sono in gioco compiti cognitivi più complessi l'automazione dell'informatica sta però tentando di sostituire l’intelligenza umana con una macchina: si tratta di un radicale cambiamento di paradigma che la società contemporanea non ha ancora pienamente assorbito e compreso.
Una delle capacità essenziali dell’intelligenza umana è l’adattabilità ai cambiamenti dell’ambiente, la flessibilità nel gestire esigenze nuove o modificate. Le persone hanno una capacità innata di evolversi per fronteggiare l’evoluzione e di imparare dagli errori. I sistemi informatici non ce l’hanno e neanche i recenti avanzamenti dei sistemi di apprendimento automatico (machine learning) sono in grado di fornirgliela o saranno in grado di farlo in un prossimo futuro.
Non basta quindi informatizzare i processi aziendali. Non è sufficiente, perché il mese dopo che i sistemi informatici sono stati installati dovranno essere modificati per adattarsi alle mutate condizioni al contorno. E questo processo di manutenzione va avanti senza fine, perché un sistema informatico non è un essere umano che si adatta alle novità ed impara dai suoi errori. L'automazione dell'informatica richiede quindi la supervisione delle persone, per ottenere quella flessibilità che non possiede in modo innato.
Delle problematiche poste da questa meccanizzazione degli aspetti cognitivi ne ho discusso più in profondità quasi dieci anni fa al convegno annuale dell’associazione degli informatici europei Informatics Europe.
Proprio per la sua profonda portata concettuale, questo tema non può quindi essere compreso appieno soltanto con qualche corso di formazione sulle competenze digitali. Tra l’altro, questo è uno dei motivi per cui la transizione all’impresa 4.0 sarà lunga e difficile: bisogna aver assorbito idee e concetti, più che conoscere strumenti ed essere abili nell’usarli.
È necessario partire da lontano ed iniziare nella scuola, ed è indispensabile farlo con una formazione seria e ben progettata. Provate ad immaginare – per fare un paragone – una situazione in cui la matematica venisse insegnata solo all’università e, avendo capito il fondamentale ruolo che svolge in una società evoluta la capacità di definire le quantità in modo esatto e manipolare in modo rigoroso le loro relazioni, dovessimo introdurre l’insegnamento del “pensiero matematico” nelle scuole. Non penso che lasciare alla libera iniziativa dei docenti la facoltà di definire cosa insegnare, quando e come, sarebbe fruttuoso per il Paese sul lungo periodo.
Proprio per la confusione un po’ dilagante in materia di insegnamento delle competenze digitali, avevamo già da tempo iniziato a ragionare come CINI (il consorzio delle più di 40 università che fanno ricerca e didattica in informatica) su come inserire la formazione informatica nella scuola italiana. Si tratta di un aspetto su cui alcuni paesi (per esempio UK, USA, Francia e Germania) sono già in fase realizzativa (per non parlare di Giappone e Corea del Sud). Solo per dare un dettaglio, negli USA l’informatica (e non il coding!) è stata inserita, alla pari delle altre discipline scientifiche e tecnologiche, tra i soggetti che devono far parte di una moderna istruzione “a tutto tondo” (well-rounded subjects). Un ruolo importante in quest’ambito educativo è svolto, nel nostro paese, dal progetto Programma il Futuro, di cui sono coordinatore. Finora (è adesso nel suo quarto anno) ha complessivamente avvicinato quasi 3 milioni di studenti ad una formazione informatica “seria” (che chiamiamo pensiero computazionale per evitare l’equivoco in cui moltissimi incorrono che insegnare l’informatica significhi insegnare l’uso degli strumenti digitali).
Nel corso del recente convegno “La cultura informatica come fattore di sviluppo”, organizzato presso la Camera dei Deputati con l'Intergruppo Innovazione, abbiamo reso pubblica la proposta della nostra comunità (più di 1500 tra professori e ricercatori in informatica e ingegneria informatica) alla presenza del MIUR. Si tratta di un documento articolato e frutto di una lunga fase di consultazione, che ha coinvolto non soltanto la nostra comunità, ma anche pedagogisti e docenti da tempo impegnati nell'insegnamento dell'informatica nella scuola.
Perché è importante insegnare l’informatica nella scuola? Prima di tutto chiariamo che non vuol dire insegnare la programmazione, (cioè il coding, come si dice adesso per essere alla moda). Non più di quanto insegnare la matematica voglia dire insegnare a fare i conti. Prendiamo le scuole elementari in cui si inizia a studiare matematica imparando la tavola pitagorica: il fine non è tanto sapere a memoria che 3x2=6 o 12:4=3, quanto capire che se 3 bambine hanno 2 caramelle ciascuna il numero totale di caramelle si ottiene con la moltiplicazione, mentre se 12 biscotti devono essere distribuiti a 4 bambine il numero di biscotti per bambina si ottiene con la divisione. Non stiamo quindi tanto insegnando uno strumento operativo, quanto una chiave di comprensione della realtà (“il pensiero matematico”).
Lo stesso vale per l’informatica, una disciplina che – come altre scienze – ha il suo particolare punto di vista sul mondo, il suo “paradigma concettuale” in base al quale descrive e spiega i fenomeni. Tale “punto di vista” è quello dei “processi automatici di manipolazione dell’informazione”. Quindi, giusto per fare alcuni esempi, così come sono concetti essenziali per un matematico la quantità e le loro relazioni o per un chimico le molecole e le reazioni, così sono concetti essenziali per un informatico quelli di algoritmo, linguaggio, automa, e così via.
Non è mai inutile sottolineare che ognuno dei grandi paradigmi scientifici (scienze umane e sociali, scienze della vita, scienze fisiche) può essere usato per descrivere la stessa realtà, ed a seconda dei casi e dei contesti uno di essi può essere quello più utile per la comprensione e la spiegazione oppure può esserlo la loro combinazione. L’informatica aggiunge un quarto grande paradigma, quello dei “processi automatici di manipolazione dell’informazione”, che permette di ottenere nuovi e utili modi per spiegare quanto accade in molti ambiti, dalla biologia all’economia, dalle relazioni sociali alla medicina.
Informatica non è quindi solo programmazione, cioè come usare un linguaggio per dare istruzioni ad un computer. È conoscere com’è fatta la macchina (l’automa) che deve comprendere le nostre istruzioni. È capire in che modo esprimere queste istruzioni (il linguaggio di programmazione). È sapere come elaborare algoritmi in grado di esprimere efficacemente le istruzioni. La nostra proposta indica uno scenario completo per l’inserimento dell’insegnamento dell’informatica nella scuola.
Anche in Europa si discute dell’importanza di questo aspetto. Basta leggere il recente rapporto sullo stato dell’insegnamento dell’informatica nelle scuole europee, preparato dalle due principali associazioni di informatici europei: Informatics Europe (di cui sono Presidente, che raggruppa dipartimenti universitari e centri di ricerca aziendali) e ACM Europe Council (Consiglio Direttivo della sezione europea dell'ACM, la maggiore associazione mondiale di professionisti e studiosi).
La sua prima e più importante raccomandazione è che tutti gli studenti devono avere accesso curriculare nella scuola alla formazione in Informatica (iniziando preferibilmente alla primaria), dal momento che questa disciplina scientifica deve far parte del bagaglio culturale di ogni cittadino della società digitale. La seconda è che, a questo scopo, è necessario formare adeguatamente gli insegnanti, in funzione dei diversi ordini di scuola.
Se ne riparlerà il 15 marzo 2018 a Bruxelles con la Commissione Europea.
LINK DI APPROFONDIMENTO
Proposta del CINI sull’insegnamento dell’informatica nella scuola https://www.consorzio-cini.it/gdl-informatica-scuola
Risultati del progetto Programma il Futuro: https://programmailfuturo.it/progetto/monitoraggio-del-progetto
Convegno “La cultura informatica come fattore di sviluppo”: https://programmailfuturo.it/notizie/cultura-informatica-fattore-di-sviluppo
Lo stato dell’insegnamento dell’informatica nelle scuole europee: http://www.informatics-europe.org/news/382-informatics-education-in-europe-are-we-on-the-same-boat.html
Perché insegnare informatica nella scuola: http://mondodigitale.aicanet.net/2017-5/articoli/MD72_02_abbiamo_davvero_bisogno_del_pensiero_computazionale.pdf
Informatica: il quarto grande dominio della scienza: https://mitpress.mit.edu/books/computing-0
Lezione per RAI Scuola “Alla scoperta dell’informatica”: https://www.programmailfuturo.it/come/alla-scoperta-dell-informatica
Informatics Europe: https://www.informatics-europe.org
ACM Europe Council: https://europe.acm.org
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Versione originale pubblicata su "agendadigitale.eu" il 24 gennaio 2018